Cuiabá, 1ero de Janeiro 2005

Cuiabá é o Inferno, dunque. Forse è vero, fa caldo e umido, ed è tutto chiuso perché festa. Solo poche ore prima che riparta l’aereo, vado al nord-este e vado al mare, dopo tanto verde un po’ di blu mi farà bene. Piove e il caldo umido ti si scioglie addosso, piove acqua calda che subito evapora e ti lascia sudato come prima. Il tassista mi mostra una, poi due chiese diverse, chiuse anche loro, e si dispiace perché sua figlia non si sposerà là dentro come lui aveva sognato, non è cattolica ma del resto, dice, ognuno ha diritto di fare come si sente. Vero, concordo. Peccato per la coreografia, vocé quiere tomar foto? No, grazie, ho finito la pellicola – mento per non deluderlo, è così appassionato di questa chiesa rosa che a me ricorda tanto Disney World, non la vorrei tra i ricordi di viaggio. Mi mostra anche un distretto militare, ce ne sono quattro per via della vicinanza con la frontiera Boliviana ma, dice, non servono a nulla perché la Bolivia è uno stato piccolo che non ha motivo di attaccar briga e qui, graças à Deus, não temos nada.

Tanta cordialità chiacchierona mi costa qualcosa in più ma pazienza, penso, gli farà comodo qualche reais extra.